Risolvere andando alla radice del problema; un metodo decisamente fuori moda ma che in politica potrebbe ancora dare qualche frutto.
Da rabbia e frustrazione proviene una progressiva indifferenza. Pensare alla politica, da anni, crea questo loop; è una mia personale sensazione.
Sento snocciolare cifre di stipendi, elenchi di benefici, numeri della casta. Poi ogni tanto sfoglio i curriculum di chi siede in Parlamento e in Senato, li ascolto parlare.
Per Platone e per Aristotele alla classe dei governanti doveva essere destinata l’élite della popolazione; sempre per i due filosofi greci questa particolarissima classe doveva svolgere un tirocinio che durava cinquanta anni ed essere addestrata soprattutto nella filosofia, nell’arte del buon vivere applicata alla comunità.
Non è che ci siamo dimenticati di tutto questo. Non lo abbiamo mai saputo. Almeno dai tempi dell’impero romano le cose vanno diversamente.
La società contemporanea si affanna a rincorrere ladruncoli con leggi e azioni dei magistrati ma gli sfugge una verità incontestabile: sta potando la pianta malata.
Sembriamo non imparare dall’esperienza. La classe politica contemporanea è forse molto diversa da quella dei tempi di tangentopoli? I fatti sembrerebbero rispondere in maniera precisa.
Ma allora forse è il caso che si risolva un equivoco fondamentale. Il fatto che i politici siano eletti dai cittadini non vuol dire che devono essere come loro; e il fatto che il popolo sia sovrano non vuol dire che può mandare al potere qualsiasi improvvisato mascalzone desideri.
Oggi si è posizionato l’ultimo tassello di una profezia che potevamo leggere dodici anni fa nelle storie personali di Berlusconi e di Bossi. Era tutto già lì per chi voleva identificare quanta fibra morale c’era nei leader dei movimenti che avrebbero governato l’Italia nei dieci anni successivi (portandola placidamente al baratro in cui ci troviamo oggi).
Parlo con persone che additano il suffragio universale come il vero responsabile di questo disastro; non ne sono sicuro, penso però che il cancro che da anni perseguita l’Italia stia proprio qui, nell’incontro di due pratiche decisamente discutibili: pressoché chiunque disponga di denaro e di un piano valido può cercare di farsi eleggere, ogni elettore può votare liberamente qualsiasi sia la sua preparazione. E’ ora che ci si desti da questo sogno di iper-democrazia e si pongano dei paletti, per il nostro bene non credo si possa aspettare oltre.
Non trovo niente di scandaloso in nessuna delle due proposte che ora scriverò di seguito. Ma se sbaglio sono pronto ad ascoltare le argomentazioni di chiunque, io intanto snocciolo le mie di argomentazioni. Le due misure possono essere alternative, tuttavia il miglior risultato si ottiene sicuramente impiegandole entrambe.
1) Il voto è valido solamente se accompagnato dalla compilazione di apposito questionario in cui l’elettore raggiunge un punteggio prestabilito. Il questionario verte su elementari principi democratici e sulla conoscenza delle principali questioni in cui si dibatte il paese. Tale misura è ovviamente destinata a sollevare un enorme polverone mediatico ma in una corretta discussione razionale mi sembra inappuntabile.
Anticostituzionale? Forse, ma la costituzione non l’ha scritta Dio e il miglioramento delle regole del vivere civile è un principio fondamentale per il progresso umano.
Il diritto di voto non è un diritto assoluto né assolutamente garantito. La gestione della cosa pubblica è sì una cosa che ci riguarda tutti, ma proprio per questo le decisioni relative a questo macro-argomento vanno prese con coscienza e preparazione. Altrimenti, semplicemente, si arriva a soluzioni inefficienti, partecipate da tutti, ma inefficienti; e di questa bella consolazione, di essere arrivati all’orlo del baratro come stato, ma esserci arrivati democraticamente, cosa ne facciamo?
Perché il voto di una persona informata, appassionata, coscienziosa deve valere quanto quella del teppistello ventenne la cui dieta mediatica non prevede alcun alimento culturalmente valido ai fini di una scelta politica?
Potrei fare decine di esempi in cui decisioni efficienti ed efficaci semplicemente non possono provenire da un sondaggio totale della popolazione coinvolta nella questione, ma devono per forza provenire dall’élite informata e sufficientemente preparata. Nello sport, nel business, nella vita familiare…
Il principio democratico va tradotto da “tutti votano” a “tutti possono votare fintanto che dimostrano di esserne capaci”.
2) Istituzione di un organo super-partes di provata affidabilità morale che giudichi sull’ammissibilità o meno di un candidato alla carica politica.
Anche qui valgono le considerazioni fatte prima riguardo a una eventuale incostituzionalità.
E anche qui mi piace ricordare che le prove nella società sono anche più cogenti riguardo alla validità di questo atteggiamento. Nessun mestiere, nessuna attività, nessuna responsabilità è assegnata nella nostra società (in maniera legittima) senza che ci sia la prova che chi chiede di essere ammesso a detto mestiere/attività/responsabilità ne sia capace. Perché per la politica, l’attività/responsabilità più alta e onorevole, deve essere diverso?
Certo, si tratterebbe di un mestiere alquanto scomodo e complesso quello di un organo di questo tipo…ma l’assoluta necessità e il valore dei personaggi in questione dovrebbero garantirne l’indipendenza e l’impegno.
Queste misure, che i più definiranno estreme e radicali, hanno il merito di identificare precisamente, se non quanto bisogna fare, quello che oggi non va, alla radice.
Nell’antica Grecia Aristotele capiva perfettamente che non tutti potevano partecipare alla vita politica perché impegnati in altre faccende (prettamente lavorative); questo non valeva solo per gli schiavi ma anche per altre classi. Non c’è nulla di male nell’ammettere di avere altre priorità, è ipocrisia quella di chi dice che “bisogna andare a votare perchè è un dovere civico”… se lo si fa con le idee confuse (o addirittura senza idee) si fa un disservizio al paese! E si produce nient’altro che quell’amara consolazione di chi guarda il baratro da vicino e sa che ci è arrivato con la responsabilità di tutti.
E altri chiederanno chi sia io per giudicare “confuse” o nulle le idee di qualcun altro…e anche qui mi pare di vedere semplicemente un gusto polemico senza alcuna utilità. In tutti i campi riteniamo indispensabile sapere di cosa stiamo parlando prima di cimentarci nell’operare (o nel giudicare); invece, magicamente, in politica qualsiasi castroneria detta senza alcuna base assume dignità.
Questo perchè il diritto di voto è stato feticizzato e se ne è fatto un idolo intoccabile.
Due simpatici commentatori radiofonici oggi dicono “se ti piace così, va bene”.
Non aggiungo altro.