Confortante vedere nuovi modelli crescere…
Perchè spendere 20$ al mese per comprarsi dei rasoi super-accessoriati sponsorizzati da famosi testimonial quando di dollari potete spenderne soltanto uno e avere quello che vi serve per radervi consegnato direttamente a casa vostra?
Questo è, di base, il pitch, la proposta commerciale di Mike, il fondatore di DollarShaveClub.com.
La potete trovare online, su Youtube (come vedete qui sopra) e unirvi così al milione e mezzo di visitatori che dal 4 marzo di quest’anno hanno visionato questo divertente video.
Divertente. Ed efficace.
Lo testimoniano i numeri, i commenti, le statistiche fornite da Youtube.
E se guardiamo con attenzione possiamo vederci anche altro. Molto altro.
Innanzitutto l’ad è retoricamente impeccabile; le argomentazioni sono ordinate e ben presentate.
Si parte con il pitch, ovvero con l’offerta con cui ho iniziato il pezzo.
Subito dopo si risolve il primo dubbio che l’utente può avere: per un dollaro chissà che lamette di scarsa qualità mi spedirete! Niente affatto, asserisce, con tanto di profanity rinforzante, il protagonista.
Poi si introducono le argomentazioni accessorie:
- prodotto semplice e dotato di tutto il necessario
- per gli altri prodotti spendete di più perchè pagate la pubblicità
- sugli altri prodotti ci sono una serie di accessori totalmente inutili
- i nostri rasoi non dovete nemmeno andare a comprarli, ve li spediamo noi
Da qui in poi il resto è intrattenimento (non che prima le scene non fossero divertenti); l’acquirente è ormai conquistato, bisogna solo portarlo in fondo al minuto e mezzo facendolo sorridere e, magari, entusiasmare (con tanto di musica festaiola alla fine del video).
Detto questo, lo scenario.
Il primo shot avviene nell’ufficio del capo. Un “mess” direbbero gli americani, una gran confusione. Scrivania in disordine, una moltitudine di prodotti in giro…l’associazione è abbastanza automatica: siamo di fronte a un gran lavoratore, magari un po’ cialtrone e confusionario ma decisamente grintoso e sgobbone.
Quindi si esce e tutto il resto dello spot è ripreso in un capannone ugualmente incasinato in cui ci sono soltanto Mike, un uomo vestito da orso e un’operaia sovrappeso. Anche qui l’associazione è col lavoro duro, la disorganizzazione è facilmente imputabile alla vena comica del filmato.
Una nota di merito al protagonista per l’abilità recitativa e la giusta grinta e decisione profuse nella performance: giovane, un po’ trasandato (cravatta slacciata, cintura di pelle usurata, jeans) e divertente nel corto circuito ricorrente tra la sicurezza di sé e le gaffe fisiche (la “porta” di carta, la pallina da tennis mancata, l’impacchettamento goffamente sbagliato).
Mike è sempre in movimento. Da quando si alza all’inizio dello spot non si fermerà mai disegnando un ideale percorso dal lavoro di scrivania al magazzino fino alla festa finale con tanto di bandiera americana e dollari che svolazzano.
In ultimo mi soffermo su un aspetto che definirei ideologico.
Al di là dell’evidente vena comica dell’intera produzione, io registro un nuovo modo di rappresentare l’azienda vincente. Faccio fatica a ricordare una rappresentazione aziendale così scanzonata, priva di formalismi e di dogmi arrivisti come questa.
Dove, prima d’ora, si è usata la forza lavoro per significare NON una moltitudine, ma una scarsità? Dove il fondatore/proprietario/protagonista ha potuto essere così auto-ironico e dissacrante nei confronti della sua stessa attività?
L’intera produzione video gioca a contrastare i vecchi dogmi di rispettabilità, serietà, affidabilità con una vena comica che non cancella il fatto che il paradigma di azienda da premiare con l’acquisto sia quello di un apparato tutto sommato informale, amichevole e che bada soprattutto alla sostanza.
Da qui partiremo in uno dei prossimi post per parlare di come potrebbe cambiare questa società del segno, che Roland Barthes definirebbe zeppa di mitologie…